1) ... l'instabilità del caso ... sapere che vivere nn è una teoria matematica e in ogni attimo tutto può essere rivoluzionato anche da una semplice frase... 2) il caffè la mattina appena svegli! 3) Capire che ti basta un sorriso per essere felice
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Fammi un ritratto del sole Così che io possa appenderlo in camera mia E possa fingere di scaldarmi Mentre gli altri lo chiamano " Giorno"! Disegnami un pettirosso su un ramo Così che io possa ascoltarlo mentre dormo E quando cesserà il campo nei campi Anchio deporrò la mia illusione. Dimmi se e vero che fa caldo a mezzogiorno Se sono i ranuncoli quelli che volano O le farfalle quelle che fioriscono. Poi, manda via il gelo dai prati E scaccia la ruggine dagli alberi Dammi lillusione che ruggine e gelo Non debbano più tornare! Emily Dickinson
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venerdì 8 aprile 2011 - ore 00:28
(categoria: " Vita Quotidiana ")
Siamo tutti immersi nel fango.... ma alcuni guardano le stelle.
Non è lamore che va via
(categoria: " Vita Quotidiana ")
Vai vai tanto non è lamore che va via Vai vai lamore resta sveglio anche se è tardi e piove ma vai tu vai rimangono candele e vino e lampi sulla strada per Destino
Vai vai conosco queste sere senza te lo so, lo sai il silenzio fa il rumore de tuoi passi andati ma vai, tu vai conosco le mie lettere damore e il gusto amaro del mattino
Ma non è lamore che va via il tempo sì ci ruba e poi ci asciuga il cuor sorridimi ancor non ho più niente da aspettar soltanto il petto da uccello di te... soltanto un sonno di quiete domani...
Ma vai, tu vai conosco le mie lettere damore e il gusto amaro del mattino
lo so lo sai immaginare come un cieco e poi inciampare in due parole a che serve poi parlare per spiegare e intanto, intanto noi corriamo sopra un filo, una stagione, uninquietudine sottile.
Ma, non è lamore che va via il tempo sì, ci ruba e poi ci asciuga il cuor sorridimi ancor non ho più niente da aspettar soltanto il petto da uccello di te... soltanto un sonno di quiete domani...
Se la mia poesia mi abbandonasse come polvere o vento, se io non potessi più cantare, come polvere o vento, io cadrei a terra sconfitta trafitta forse come la farfalla e in cerca della polvere doro morirei sopra una lampadina accesa, se la mia poesia non fosse come una gruccia che tiene su uno scheletro tremante, cadrei a terra come un cadavere che lamore ha sconfitto.
"Primavera non bussa lei entra sicura come il fumo lei penetra in ogni fessura ha le labbra di carne i capelli di grano che paura, che voglia che ti prenda per mano. Che paura, che voglia che ti porti lontano"
«Sei dolcissimo», disse la mamma a Ben mentre facevano una passeggiata nei campi verso sera, «sei dolcissimo e tanto carino, non cè nessuno al mondo come te!» «Davvero non cè nessuno al mondo come me?», domandò Ben. «Certo che no», rispose la mamma, «sei unico!». Continuarono a camminare lentamente. Sopra le loro teste un grosso stormo di cicogne volava verso paesi lontani. «Ma perché?», chiese Ben fermandosi di colpo, «perché non cè nessuno al mondo come me?». «Perché ognuno di noi è unico e speciale», disse la mamma ridendo e accovacciandosi a terra. «Vieni qui, siediti vicino a me». Poi fischiò alla loro cagnetta, Splendida, perché si sedesse con loro. «Ma io non voglio che al mondo ci sia soltanto uno come me», protestò Ben. «Perché no?», si stupì la mamma, «è una cosa bellissima che tu sia unico e speciale!». «Perché così sono solo!», si lamentò Ben, «mentre io voglio che ci sia anche qualcun altro come me!» «Tu non sei solo», gli spiegò la mamma, «ci sono io con te, e anche papà». «Sì», ammise Ben, «però…». Era confuso e non ricordava più cosa voleva dire. «Vieni qui», mormorò la mamma, «siediti vicino a me». Ben non si sedette. Allimprovviso i suoi occhi si fecero grandi e profondi: «E non cè nemmeno nessuno al mondo come te?». «No, non cè», disse la mamma. «Allora anche tu sei sola?» «Ma no. Ho te e papà…». «Ma non cè nessuno proprio uguale a te?» «No, non cè», ammise la mamma. «Allora sei sola», proclamò Ben sedendosi accanto a lei. «E non ti senti sola, da sola…?». La mamma sorrise, disegnò col dito dei cerchi per terra e rispose, «sono un pò sola e sono un pò con gli altri, e a me va bene essere un pò così e un pò cosà…». Il sole cominciava a tramontare, il cielo si fece quasi rosso. «Io mi sento solo», mormorò Ben sottovoce. «Ma tesoro», esclamò la mamma, «ci sono io con te!». «Ma tu non sei me». Tacquero. Nellaria cera un buon odore di terra e di erba, e un ronzio di mosche e di altri insetti che svolazzavano dappertutto, danzando. Ben accarezzò la cagnetta distesa accanto a lui. «Anche Splendida?» «Anche Splendida cosa?», domandò la mamma. «Anche di Splendida ce nè solo una in tutto il mondo?». «Sì», rispose la mamma accarezzando il pelo morbido della cagnolina, «c¿è una sola Splendida in tutto il mondo». Per terra, accanto ai piedi di Ben e della mamma, camminava una lunga fila di formiche. Forse mille. Si somigliavano moltissimo, mille formiche identiche. Ma quando Ben le guardò da vicino vide che una camminava veloce e unaltra piano. Una si sforzava di trascinare una foglia grande e unaltra trasportava soltanto un chicco di grano. E ce nera una, piccolina, che correva avanti e indietro a lato della fila. Ben pensò che forse quella formichina aveva perso i genitori e li stava cercando. «Questa formica lo sa che non cè nessun altra al mondo come lei?», domandò. «Questo non lo posso sapere», rispose la mamma. Ben ci pensò un pò su, poi disse: «Non lo puoi sapere perché tu non sei lei?». «Sì», confermò la mamma, «perché io non sono lei». La formichina rientrò finalmente nella fila e riprese a camminare con le altre. Ben pensò che forse le due formiche grandi che le camminavano accanto erano i suoi genitori. «Allora di ogni persona ce nè solo una al mondo?» domandò Ben. «Sì, ce nè solo una», disse la mamma. «E perciò sono tutti soli?». «Sono un pò soli ma sono anche un pò insieme. Sono sia luno sia laltro». «Ma comè possibile?». «Ecco, prendi te per esempio. Tu sei unico», spiegò la mamma, «e anch¿io sono unica, ma se ti abbraccio non sei più solo e nemmeno io sono più sola». «Allora abbracciami», disse Ben stringendosi alla mamma. Lei lo tenne stretto a sé. Sentiva il cuore di Ben che batteva. Anche Ben sentiva il cuore della mamma e labbracciò forte forte. «Adesso non sono solo», pensò mentre labbracciava, «adesso non sono solo. Adesso non sono solo». «Vedi», gli sussurrò mamma, «proprio per questo hanno inventato labbraccio».